venerdì 11 febbraio 2011

Perché non prima?

Gran fermento sul 13 febbraio, ormai prossimo: fermento in "rete", fra le amiche, le conoscenti e pure le sconosciute: "vai? non vai? domenica, la manifestazione..."
Io covo - mai metafora fu più adatta -  un malumore e un dissenso che provo ad argomentare, anzitutto a me stessa

Hanno recuperato anche il "Se non ora, quando?" di Primo Levi per spingerci a uscire di casa; ci rimproverano, come leggo dalla petizione della manifestazione: " Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale. Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne".

Insomma noi, il non bene identificato noi in cui mi inserisco anch'io, forse anche noi che gridavamo 30 anni fa  per strada "nè puttane nè madonne, solo donne" avendo quindi forse superato da 30 anni almeno l'attuale distinzione: "noi che lavoriamo, studiamo, etc...e loro, le  nipoti di Mubarak"...ebbene noi avremmo questa responsabilità  se non andiamo in piazza?

Noi che abbiamo pagato nella nostra vita - vita di relazione, di lavoro, di coppia  - le nostre scelte di indipendenza, di solidarietà, di fiducia in un futuro in cui tutte avremmo lavorato, avremmo avuto compagni alla pari, avremmo avuto figli, magari maschi da educare al rispetto, colleghe da sostenere e da cui essere sostenute, noi che mai abbiamo pensato che questa faticosissima costruzione fosse sufficiente a farci chiudere nel nostro privato?

E poi dovremmo chiedere "amicizia" agli uomini? e perchè, già che ci siamo, non gli chiediamo anche di ridurre gli omicidi contro le donne, di  darci le loro stesse retribuzioni per gli stessi compiti, e magari anche, scendendo molto nella scala delle pretese femminili, di portare fuori il sacchetto della pattumiera?

Quello che voglio dire è che questa politica delle emozioni è benvenuta se accompagnata da un'analisi corretta della realtà e da qualche ipotesi concreta e realistica, e mi trova entusiasticamente d'accordo, altrimenti non ci sto, non ci sarò domenica 13.

La piazza manda un messaggio, è questo il suo ruolo.
Questo  messaggio qual è? L'Italia non è un bordello, è fra quelli più frequenti .
Cioè non lo è ora ? E prima?  (e dopo, e sempre?)

Prima: perchè dovrei, dovremmo (noi) scendere in piazza adesso per i festini privati divenuti  pubblici del Presidente del Consiglio e siamo rimasti a casa sapendo di donne uscite da calendari e trasmissioni televisive semi-porno diventate nostre Ministre? Io mi sento molto più offesa nel vederle scendere da auto blu e proporre leggi che avranno influenza sulla vita di tutti noi, piuttosto che dalla lettura dei racconti di prostitute più o meno ufficiali.

Il comportamento notturno del Presidente del Consiglio ci colpisce  più di quanto ci abbia colpite, umiliate e offese  la quasi trentennale logica dell'osceno delle trasmissioni delle sue tv private? 
Più adesso di quando questa logica è divenuta, da almeno quindici anni, anche governo e potere su tutti noi?

E' evidente che è diventato un gioco di specchi: la sua visione del femminile si proietta nelle sue trasmissioni e le sue trasmissioni si proiettano nei suoi festini; purtroppo se questi ultimi erano privati, le sue tv le guardiamo da anni e ci hanno deformato, stravolto, offeso oltre ogni limite: è per questo che abbiamo taciuto?

Scendiamo in piazza perchè ci rappresenta?
Ma chi rappresenta le donne italiane è Clio Napolitano, una vecchia signora che ha lavorato, ha fatto personalmente politica, ha cresciuto figli, elegante e colta, discreta  e rugosa al naturale.

Per la  dignità del Paese?
E fare le corna, chiamare "kapò'" un deputato straniero, dire che le italiane sono  le più belle segretarie del mondo, fingere di sparare a una giornalista russa (!)  e si potrebbe continuare per pagine intere, sempre in consessi internazionali, esaltavano la dignità italica? Perchè ci siamo ammutoliti in tutti questi lunghi anni?

Adesso e sempre : è il sesso che colpisce? allora ha ragione Albanese con il  suo "pilu"?
....e l'aumento dell'età  pensionabile per le donne? e le dimissioni in bianco firmate dalle donne all'assunzione? e il boicottaggio alla diffusione della pillola RU486?

Volendo poi allargare proprio la visuale e ricordando alla rinfusa: ...: e la barbarie dei bimbi stranieri a cui è negata la mensa? e la "procedura penale ad uso e consumo" del Presidente del Consiglio? e le martellate al sistema di garanzia istituzionale del nostro Paese (Corte Costituzionale, magistratura...)?

Michela Murgia, la brava scrittrice di "Accabadora"  ha, secondo me, dettato l'epigrafe giusta : questo uomo non ci riguarda, non può condizionare le donne che siamo e anche quelle che vorremmo essere...

Ci ha condizionato invece - e molto -  in questi lunghi anni,  non però con le sue squallide fantasie sessuali realizzate nella sua triste corte notturna, ma con le sue terribili fantasie della vita -  economica, sociale, politica - realizzate dalla sua malefica, smisurata corte diurna, amplificate, reificate dalle sue televisioni, le sue pubblicità, i suoi corifei, ovunque  e sempre.

Per questo la manifestazione per me non ha senso e non ci sarò.

Avrà senso - e molto - il dopo-manifestazione.
Anzitutto per i nostri politici di riferimento, così muti nel contrastare, come sarebbe stato loro dovere, questa presunta modernizzazione, così tardivi nel ricordare la necessità di un'etica privata accanto a quella pubblica che invece hanno sempre sostenuto, così timidi nel dire che la libertà non è libertinaggio, che una casa aperta è diversa da un casino, senza timore di apparire codini, bacchettoni, noiosi, senza timore di perdere voti e consensi.

E naturalmente anche per noi, i noi e le noi di cui sopra:  nel lavoro, nelle case, nel recupero della politica quotidiana, della solidarietà, del rispetto e soprattutto della protesta, civile, ma più presente, lontana dalla rassegnazione, dalla  superficialità, dalla ondivaga emotività.