lunedì 12 dicembre 2011

11 dicembre 2011 dalla piazza!

La manifestazione di SNOQ? c'è stata, ventimila donne solo a Roma e centomila in tutta Italia e la contabilità risponde già a chi, come me, aveva pensato  (mentre preparava, stimolava, spingeva, allestiva per questa manifestazione delle donne, perchè non si ricadesse nel silenzio, che è il moderno dimenticatoio di ogni azione)  SENONORA...UN PO' PIU IN LA' !

Sarebbe stato meglio cioè uscire con politiche che fossero già consolidate, da parte del nuovo governo; meglio con richieste precise, da parte della "base" di questo movimento, che deve anche lei rafforzarsi...

E invece le domande sono state fatte, le ipotesi di lavoro (e di nessuno sconto, nemmeno per questa compagine governativa) pure, la memoria delle donne ferite, e morte, di lavoro ha trovato il suo giusto spazio, in una sintesi che è stata il filo conduttore  della manifestazione E ANCHE  del nostro intenso lavoro di questi pochi mesi: la voglia di unire.

"Non sentrti sola, ti aspettiamo in piazza" lo slogan scelto;  senza le donne il Paese non cambia, non cresce, non va da nessuna parte.

Noi lo sappiamo, ma è stato ribadito che deve essere questo il fondamento: delle politiche che dovranno essere  realizzate  a breve, delle rappresentanze (una donna- un voto: mai più "portatrici d'acqua"! ) della solidarietà intergenerazionale.

E poi, con la grande fantasia, creatività e allegria femminili, abbiamo anche cantato arie d'opera, suonato sul palco e pure in piazza; dove non mancavano i maschi, apparentemente pensosi...

Il cammino di SNOQ? continua:  non stiamo a guardare, a sperare, a lamentarci.
Da oggi siamo tornate a lavorare: per le donne, per tutti

lunedì 5 dicembre 2011

11 dicembre 2011, in piazza!

Si terrà a Roma una nuova manifestazione nazionale delle donne, il prossimo 11 dicembre La manifestazione è organizzata da SENONORAQUANDO : http://www.senonoraquando.eu/


La grande “manifestazione multipla” del 13 febbraio (la definizione è mia) si svolse, con fortissime adesioni, in molte città d’Italia. Io non c’ero, secondo me con buoni motivi; sono andata invece al successivo incontro di due giorni a Siena il 9 e 10 luglio, che ha consolidato il movimento e la sua attività : entrambe le scelte sono esposte qui nel blog.

Da luglio ho poi proseguito, contribuendo anch’io a fondare il Comitato romano di SNOQ, snoq.roma@gmail.com, ospitato dalla Casa internazionale delle Donne, http://www.casainternazionaledelledonne.org, che è sempre stata la sede storica dei movimenti delle donne.

Abbiamo creato gruppi di lavoro (pochi, per essere certe di farcela), in sostanza sui temi del programma di lavoro “partorito” a Siena: occupazione, welfare, rappresentanza politica , comunicazione.

Abbiamo deciso, dopo un acceso dibattito nazionale, di essere di nuovo in piazza. L’idea è nata prima che il Governo Berlusconi cadesse, dalla considerazione che pur lavorando a livello locale, fosse necessario ritrovare “l’evento”, poiché l’immagine conta, e molto.

Io sono stata fra quelle che più hanno dato voce però alla necessità di “essere” e anche di “avere”: avere non solo un’immagine, ma anche domande e risposte politiche. Col cambio di governo la nostra posizione si riformula, ma le esigenze non mutano, anzi si rafforzano.

Berlusconi ha fornito l’espressione estrema, grottesca, di una rappresentazione del femminile che è del nostro Paese; il Governo Monti costituisce un’apertura, lo ha mostrato con le sue nomine al femminile(ancora poche), e noi dobbiamo ribadire, subito, che sono le donne e i giovani la risorsa del futuro di tutti.

SNOQ è movimento e non partito, ma è oggi l’unico vero soggetto politico nazionale femminile, non avendo le donne una voce, una rappresentanza nazionale. Al tempo stesso crediamo che siano state di certo le tempeste finanziarie e le inchieste giudiziarie a provocare il crollo del Governo Berlusconi, ma che la prima spallata l’abbia data proprio il 13 febbraio la voglia di dire basta,con la voce delle donne.

Sarò un incontro, anche con l’aria plumbea che ci circonda, speriamo festoso. La piazza disponibile sarà ahimé Piazza del Popolo, temuta da noi tutte come troppo grande e piena di ricordi impegnativi (era quella delle migliaia e migliaia di febbraio, ce la faremo a riempirla di nuovo?) Un’idea a cui stiamo pensando, se praticabile, potrebbe essere quella di attrezzarla con sedie, per dare l’idea dell’incontro ….

Insomma, siamo in pieno fervore creativo, e chi è più creativo delle donne?

Siamo anche senza un euro e piene di cose da fare “ulteriori”, come sempre.

Per tutti questi motivi, prego tutte le lettrici ( ei lettori amici) di attivarvi il più possibile con le vostre reti, per diffondere la notizia : luoghi di lavoro, associazioni professionali, sindacato, circoli culturali, di lettura, politici, reti amicali, familiari e di solidarietà …. tanto le donne sono ovunque, e ovunque fattive.

La raccolta di fondi può realizzarsi facendo una donazione sul sito di SNOQ, anche per una cifra minima. A Siena si era addirittura sviluppata una rete di donne che offrivano alloggio nelle proprie case: a Roma non sarà necessario, ma sarà indispensabile altrettanta disponibilità e generosità!

Se ognuna farà da moltiplicatore, evitando di essere risucchiata dal nostro comune “quotidiano” che ha mille braccia peggio di una divinità indù, l’iniziativa riuscirà benissimo, e sarà un altro passo della nostra marcia, che ormai si è messa in moto!



martedì 15 novembre 2011

Note al margine

Coerente con l' affermazione precedente che le grandi gioie sono mute, e volendo però ancora scrivere nella scia del "FINALMENTE" , continuo qui a farmi prestare le parole.
Il mio contributo è quello di renderle in forma di domanda.

Citazione numero 1:
"E' stata alla fine una risata a seppellire la stagione berlusconiana "       (?)
(C. Maltese su "La Repubblica" del 13 novembre)

E qui c'è una lunga analisi  sul come e il perché in Italia si verifica "il passaggio di consegne dal re giullare al salvatore della Patria, un rito della storia italiana. Segna la fine del regno del carnevale e il principio del tempo forte e cupo della quaresima, illuminato dalla speranza della resurrezione.  

Il ritorno al principio di realtà si compie con un altro atto classico, l'eterno mattino dell'8 settembre italiano, in cui con un breve comunicato si ammette, dopo mille bugie,  che la guerra è persa."


Citazione numero 2:
"Per gli oltranzisti del berlusconismo morente dev'essere una ragione di speciale sofferenza il ruolo determinante di Napolitano in questo passaggio d'epoca .    (? )
(M. Serra su "La Repubblica" del 13 novembre)

 Che sia un capo storico del Pci, per giunta circondato da un larghissimo consenso popolare, a guidare il Paese fuori dal pantano nell'anno 2011, è qualcosa che alle orecchie di (...  ometto io i nomi, perchè de minimis non curat, ndr.) non può non suonare come una bestemmia.

L'anticomunismo italiano, insieme alle sue  tante ottime ragioni, ha avuto il torto di non capire che i comunisti, considerandosi parte determinante del patto costituzionale, avevano fortissimo il senso delle istituzioni e dello Stato. 
C'è qui poi una analisi  del ruolo dei suddetti negli anni del terrorismo, e così termina: ..."in circostanze per fortuna molto meno drammatiche, ma non meno gravi, capita nuovamente che siano quella scuola politica, e quello stile istituzionale, a esprimere un Capo dello Stato così rispettato e così rispettabile".  


Citazione numero 3:
"Berlusconi rimarrà tra noi come categoria dello spirito.    (?)    
(F. Merlo su "La Repubblica" del 13 novembre)

"Il berlusconismo è stato l'autobiografia della nazione, per dirla con Croce, (e qui c'è un errore, avendolo detto Gobetti, ndr )  non un accidente della storia. Non basta certo una giornata normale per liberarcene. C'è bisogno di anni di giornate normali."
















(M. Serra su "La Repubblica" del 13 novembre)

sabato 12 novembre 2011

FINALMENTE

In questa sera in cui anche l'inverno romano sembra tornare al suo posto e finalmente sembra un inverno vero, con un po' di freddo novembrino,  non il solito tepore molliccio, avviene FINALMENTE l'evento atteso da un tempo infinito, un tempo perso insieme con le speranze delle piazze di questi anni e delle parole e dei gesti che le accompagnavano: l'Unto del Signore è andato via.

E' entrato e uscito dal Quirinale da porte secondarie, e già il simbolismo di questo traffico automobilistico appare davvero  perfido: è cosi' che la Presidenza del Consiglio è diventata libera.

Intanto, nella piazza del Quirinale, sotto i Dioscuri, una piccola orchestra ha suonato l'"Allelujah" di Handel;  la gente ha ballato e cantato, assiepata in una folla giocosa, festante, sollevata, come a volte abbiamo visto in altre città di Paesi del medioriente, dell'Asia estrema, liberati da tiranni, da dittature, da guerre.

"...ora l'inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto ..."

No, Skakespeare sarebbe troppo, è l'assonanza con l'inverno che lo ha richiamato, semmai è più adatta l'esclamazione di Roderigo di Castiglia- Togliatti: "........se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciati...."

Certo, era riferita a Vittorini, e già questo basterebbe a scoraggiare qualunque paragone; infatti anche qui l'assonanza è solo sul suono della frase, abbastanza sgradevole e cattiva, maligna, da figurare adatta.

Insomma, devo affidarmi a improbabili citazioni, non ho le parole, non possono esserci, le grandi gioie sono mute. Del  resto fra analisi, lamenti, discorsi, molti anni sono trascorsi.

Ho voluto (io astemia) che brindassimo con un liquore (fatto da me) con i limoni del giardino del mare, serbato  per un'evento felice.
Anche il limoncello sembrava simbolico: autentico, genuino, persino dignitoso: le realtà che più sono mancate in questi anni.

venerdì 9 settembre 2011

per il welfare ci vuole l'esorcista

Dispiace che queste righe- poche - che seguono il precedente pezzo (o  post) che era così solare e speranzoso, non siano i colorati fili che avrei voluto, dopo l'assolata parentesi estiva, ma figureranno invece qui come nastri funerei.
Sento però come un vero obbligo quello di testimoniare, non l'indignazione, ma la necessità di chiedere un esorcismo.

Mi spiego.

Il Ministro (ah, quanto tempo è passato da quando, anche nella  tv, quella pubblica di Bernabei, quella che aveva il teatro il venerdi e i programmi in cui interveniva Mario Marenco che poteva chiamare signor Menisco il Ministro di turno) ahimé ebbene sì, il  Ministro del Welfare Sacconi ha raccontato la barzelletta che doveva illustrare la condizione dei sindacati di fronte alla possibilità di licenziamento, proposta da un recente emendamento alla manovra finanziaria "fai da te" di questi giorni.

Non intendo certo usare questo blog per un commento, perché la materia è troppo ignobile e non si può considerare: debbono esserci dei limiti!

Inoltre Adriano Sofri -  da me per nulla amato, né come scrittore né come personaggio pubblico  -  ha oggi scritto un articolo in merito, sul quotidiano "La Repubblica", che io giudico perfetto: lucido e freddo, senza sbavature e  senza una definizione di troppo,  inchioda con ogni sillaba: dunque è, secondo me, definitivo.
Da non perdere.

Scrivo perciò per un'integrazione- spiegazione a questa analisi di una grave nevrosi personale e, aggiungo io,  di assoluta immoralità privata e pubblica.

Il signor Ministro, del quale conosco anche, per motivi di lavoro, numerosi e ulteriori elementi di immoralità appunto privata e pubblica (che potrebbero sommarsi, ad esempio, anche alla  ignominia di aver inviato ispettori in ospedale quando la Englaro stava per spirare) è sì, come evidenzia Sofri, "sempre ispirato, di qualunque cosa parli, e ha un rancore fortissimo e invincibile", ma non prende "roba forte" anche se potrebbe essere una spiegazione.

Semplicemente, è invasato, è posseduto dal demonio: che esiste, ed è dentro di lui.

Da qui, la metafora  (metafora? che il Signore dei cattolici perdoni la cattolica Roccella, che l'ha definita tale!) sui conventi, il timore di blasfemia,  il bigottismo qua e là, del signor Ministro.

Eh, Lucifero è astuto, ma non può fare a meno di spuntare, sopra  o sotto la grisaglia ministeriale e i lunghi polsini bianchi; di vomitare bile verde; di  urlare; di mostrare lo zoccolo caprino....
Non può. Se no, perchè comprerebbe le anime, soprattutto quelle degli ex socialisti ex laici ex laburisti ex progressisti?
Non può.

Scrivo perciò per testimoniare il mio sgomento e per poter dire, quando sarà passata (perchè deve passare, deve.....) che io l'avevo detto.
Inoltre, se tra i miei dieci lettori (qualcuno in più di quelli di Manzoni) ce ne fosse uno che conosce un esorcista, o sa dove si possa rintracciare....

venerdì 29 luglio 2011

Nove e dieci (luglio)


Certo,  sarà difficile citare la "due giorni" di Siena chiamandola con le date della sua realizzazione (come si fa con  "il 13 febbraio", data a cui si attribuisce la "maternità" di quello che è accaduto dopo): se non altro per la sua lunghezza.

Io lo chiamerò "l'incontro di SNOQ" (almeno duemila donne in una sessione di lavoro, in cui si è anche riso, ballato, cantato e saltato) e questo acronimo sta per SENONORAQUANDO,  realtà promotrice e motrice.

Dentro, una rete di donne sorta dal nulla, i Comitati locali nati spontaneamente (dopo appunto il 13 febbraio), un comitato promotore nazionale, un'auto-gestione e auto-finanziamento completi , una città ospitante, una  femminile e senese catena solidale, che ha offerto gratuitamente duecento (200!) posti letto,  un'organizzazione perfetta che prevedeva video, collegamenti internet, altoparlanti che permettevano anche di ascoltare muovendosi, pasti  a prezzo calmierato, uno spettacolo notturno sotto lo stelle con un impeccabile e folle  quartetto d'archi tutto al femminile, letture, lacrime e risate.

Devo frenare l'entusiasmo per poter fare un'analisi comprensibile ma, nella mia percezione, è stretta la  congiunzione fra la razionalità delle lucida gestione professionale delle sessioni di lavoro e l'allegria colorata dell'invasione di Piazza del Campo al tramonto da parte di questa multicolore folla di donne, con palloncini (rosa), bolle di sapone e una vera banda musicale; le donne- sandwich  con i cartelli che formavano la domanda della due giorni : SENONORAQUANDO? e il boato "ADESSO!" punto esclamativo compreso.

Frastornati stranieri mi hanno chiesto,  incuriositi :  "What is it? What happens?" e io ho risposto: "women, we are women....!" Mi sembrava sufficiente, poi ricordando che forse potevano  non aver chiara la nostra condizione ho aggiunto: "women's pride!" che forse, avendo un'assonanza con il gay pride, un'eco l'avrebbe risvegliata ..... 

Si, c'ero anch'io. A febbraio no, mentre a Siena ho aderito con slancio.

Sui motivi del no ho scritto un lungo post.

Sui motivi del si, la spiegazione è che mi è parso subito, dalle notizie lette, dalla lettura del blog omonimo http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/ dai contatti con le organizzatrici, che fosse uno di quei fenomeni di potente autoconvocazione in cui passano sempre più le scelte politiche importanti, come è accaduto per i referendum,  e persino per gli irrituali risultati delle recenti elezioni.

Provo a sintetizzare:
  • un'organizzazione di lavoro autentica, seria, 3 minuti 3 per gli interventi di tutte, assicurati da un'implacabile trombetta e da implacabili coordinatrici che toglievano la parola a chiunque, politiche comprese, intervenute con le altre secondo l'ordine di iscrizione. Solo così sono riuscite ad intervenire 140 donne, peraltro accreditate negli ordinati tavoli predisposti alla bisogna
  • tutte le generazioni rappresentate, moltissime giovani e giovanissime, molte di età intermedia (una  accanto a me si è autodefinita "diversamente giovane" e mi è sembrato interessante), molte anziane, molte vegliarde.  Standing ovation per Lidia Menapace, per altro molto giovane lei pure
  • la riflessione prende molte strade, lontane da quella dell'uso del corpo (centrale invece a febbraio) : il lavoro anzitutto, quello che c'è e quello che non c'è; le dimissioni richieste in anticipo per maternità; la precarietà specifica femminile; bilanci di genere negli organi elettivi; congedi obbligatori di paternità; quote.        
E' un'autentica assemblea politica, in cui è molto presente l'indicazione verso una "inclusione", che qui assume il significato di "trasversalità dell'appartenenza politica" . Un percorso su cui per altro (e vivaddio!) si litiga, moderatamente, ma si litiga.
L' 'inclusione"  ha però sostituito l'ecumenismo di febbraio, e mi sembra un bel passo verso la costruzione di un "qualcosa" che vuole essere strutturato, organizzato, autonomo.

Da qui i fischi a tutte,  in misura diversa, ma proprio a tutte le politiche intervenute, che paiono sempre lontane, e sempre paiono evocare appropriazioni indebite e fuori tempo massimo di traguardi e proposte altrui.
Sono invece recuperate come "veicolo" di istanze, la cui agenda deve essere dettata però dalla famosa "base" la cui trama è qui fatta dai comitati locali di SNOQ: 120 finora.

La seconda giornata di questa festosa assemblea politica gira tutta attorno a questo tema fondamentale: come organizzare e dare forma a tutto ciò?

Altra innovazione (che a me personalmente fa molto piacere): è una docente universitaria a tirare le conclusioni, finalmente un'elaborazione intellettuale finalizzata, utile, immediata (e non mediata).

E allora: SNOQ è un soggetto politico, che attraverso un percorso politico ("usando il veicolo"  delle donne in politica e con alleanze appunto inclusive) intende determinare le scelte della politica.

Mi sembra un bel salto.

Le donne che si impegnano e sono uscite allo scoperto sono stufe di sentir definire "carsiche" le loro organizzazioni, le loro iniziative: vogliono essere visibili e riconoscibili.

E non per parlare solo di "conquiste" e obiettivi "femminili"; no, vogliono -e sanno - interloquire con l'agenda politica ed economica, col contesto di risorse scarse, di costi crescenti, in cui i pochi diritti acquisiti sono sempre messi in crisi.
Le donne hanno capito che occorrerà lottare molto,  non solo per poter incidere sulle decisioni  ma anche per modificare i criteri stessi di assunzione di quelle decisioni.

Mi è sembrata davvero una consapevolezza nuova, fondata su una sicurezza nuova, di cui molte cose fanno parte: abbiamo competenze maggiori, età e appartenenze diverse, ma il patto è, stavolta, fra donne, che affrontano temi di conflitto senza separarsi fra loro, che "includono" rispettando le diversità, pur di ottenere risultati.

E' una grande scommessa, che andrà al più presto verificata, dalla resa della struttura organizzativa (già a novembre ci sarà un nuovo appuntamento)  al raggiungimento di risultati e obiettivi, anche di breve e medio termine .

Nel web e nei circoli l'entusiasmo è altissimo, sulla convinzione che  SENONORAQUANDO?

giovedì 7 luglio 2011

Il libro "Cuore" è sempre con noi


Qualche sera fa c'è stata una rissa in un rione romano che guarda il Colosseo.

Il rione ha conservato le ottocentesche  strette vie che hanno ricalcato il reticolo della antica suburra, secondo la logica urbanistica prevalente a Roma, per cui nulla si crea e nulla si distrugge.
Il luogo ideale per una rissa, nell'assenza totale del doveroso controllo del territorio, soprattutto di un sabato sera alcolico come ormai è abitudine anche da noi. 

In questa rissa, nata e cresciuta sull'esigenza di picchiarsi e niente altro -  nessuna provocazione, nessuna vendetta, nessun motivo politico -  un giovane musicista  è stato ridotto in coma e tuttora la sua vita è sospesa, in un ospedale: forse sopravviverà, forse no.

Uno di quelli che hanno partecipato a ridurlo in quel modo  è un bambino vivacissimo e strafottente, dagli occhi neri, lo sguardo e l'andatura da furetto: è venuto a casa mia a giocare con gli altri compagni di scuola  passandomi di corsa davanti come una freccia, e quando gli ho detto: "...beh?" "eh...beh,ciao, Mamma di M!" mi ha risposto, abbassando lo sguardo, una dozzina di anni fa.

Frequentava le elementari in un istituto privato e gestito da suore, con mio figlio e con tanti altri bambini della stessa zona, ma già allora era un bambino uguale e diverso dagli altri : molto aggressivo, reagiva picchiando, e molto sveglio e vivace.

Il suo ambiente familiare era decisamente più difficile di quello degli altri; pure, mi sembrava un bambino amato e seguito, a suo modo.

Ma qual è il modo giusto?

Era molto invidiato dai suoi coetanei perchè lontano parente di un giocatore di serie A, parentela di cui ovviamente era fierissimo e per la quale poteva indossare la maglietta da calcio col suo nome con molto più "diritto" rispetto agli altri piccoli Totti  e finti Maldini in formato mignon.
 
A me era simpaticissimo, mi piaceva la sua intelligenza pronta, come la lingua, e il suo ritrarsi veloce quando lo si fissava.

Un pomeriggio orribile, quando il percorso scolastico stava per finire,  le religiose che gestivano la scuola ritennero loro dovere convocare le famiglie, compresa la sua, per soddisfare le richieste di qualche genitore, disturbato dalla sua aggressività.

Fu orribile davvero, un processo in pubblico, in cui erano le suore a distinguersi per la loro rigida intolleranza e il desiderio di espellere quel corpo estraneo, quel bubbone fastidioso che tanto sporcava il lindore della scuola.

Fui proprio io, che allora mi interessavo agli studi sull'inclusione, e avevo molte più illusioni, a fare un intervento, davvero appassionato, appunto sulla grande opportunità che abbiamo di includere; sulla ricchezza e la gestione della diversità, sul ruolo dell'educazione e dell'apprendimento reciproco...

Fui convincente perchè ero commossa e indignata, e a volte le emozioni trascinano per contagio, se non per  razionale convinzione.
Funzionò.

Quello che in quel momento serviva, cioè non escludere il bimbo, cacciandolo via da noi, avvenne.
Il piccolo "Franti" rimase con gli altri "Enrico" che popolavano la scuola.

L'ho poi perso di vista, sommerso come tutti dalla vita e dagli impegni; sapevo ogni tanto dai racconti di mio figlio, che lo incontrava appunto nel quartiere,  che non aveva seguitato negli studi come tutti gli altri, e un po' lavorava  nel locale di sua madre, un po' giocava al calcio.

E' riemerso così.

Le foto non le ho viste, ma ho letto le sue dichiarazioni che i quotidiani hanno riportato, e mi hanno riportato anche la sua voce, intatta, di quando si giustificava dicendo: ..."gli ho dato solo 'du pugni!"  però quando l'altro bimbo piangeva, piangeva lui pure ed era addolorato davvero, e diceva che gli era scappata, che non voleva, che gli dispiaceva, e "non ti eri fatto male, vero?,  mai più, mai più...."

Non  so niente di questa dozzina di anni trascorsi, ma non c'è stata nessuna inclusione, evidentemente.

I falsi calciatori  in miniatura sono tutti all'Università, e hanno diligentemente seguito il loro destino di "Enrico" della classe.
Anche il piccolo calciatore vero, il furetto intelligente, non è stato in grado di sottrarsi al suo di destino, di "Franti" appunto, che aveva trovato già scritto davanti a sé.

martedì 31 maggio 2011

L'hellzapoppin allegro del pomeriggio "in ballottaggio"

Ci sono pomeriggi - e  sere, che a questi pomeriggi seguono -  in cui gli avvenimenti della propria vita non cambiano,  i problemi forse crescono, le stanchezze aumentano.

Eppure, si è allegri.

E non si ha voglia di fare analisi raffinate, del perchè e del percome; e neanche analisi rozze.
Si ha voglia di cantare.

E le canzoni che vengono alla mente sono assurde, scampoli canori di scempiaggini miste: la prima è, chissà perchè,  "Son tornate a  fiorire le rose/ alla dolce carezza del sol/ le farfalle si inseguon festose...", Sanremo anni Cinquanta;  poi  "A' tazza e café", quella che fa : ...ohi Briggida/ na' tazza  'e cafè parite/ sotto tenite 'o zucchero/ ma n'coppa amara site/ma tant che aggia girà/ e tant che aggia vutà/ che 'o doce sott'a tazza/ fino 'mmocca m'addà arrivà " ; poi ..."Cambierà, vedrai che cambierà/non so dirti dove e quando/ma vedrai che cambierà..." ,Tenco anni Sessanta .

La mente mescola e il cuore canta.

In un Paese che sempre hellzappoppin è, ma stavolta allegro, si sentono echi di : "é una sberla/è una spallata/è un congedo, non organizzo il mio funerale"...?

Tra immagini di una Milano che sembra Napoli, con il Presidente della Regione Puglia che urla e si agita, come nella notte della taranta, ma su un palco davanti la bela Madunina, e di una Napoli che sembra Milano, senza roghi, senza botti, senza urla, tanto il Masaniello c'è comunque, appena eletto, e sembra lui sì a un funerale, è troppo commosso, dice.

E anche se la dittatura mediatica - che esiste, non è quella di Berlusconi, ma esiste - non ci mostra anche Trieste, anche Cagliari , e tutte le altre città dove pure la tracimazione insperata è avvenuta, ma ci racconta soltanto che la "liberazione" ha investito pure loro, senza farcele vedere,  pure ci si accontenta.
Si vorrebbe dilagare anche noi, liberi e liberati, ma ci si accontenta di far parte di questo l'hellzapoppin del caos allegro, e si canta.

lunedì 16 maggio 2011

La vignetta che avrei voluto scrivere io (5)

"Rifiuti"

Dal quotidiano "La Repubblica" ,  di ElleKappa, 10 maggio 2010 .

Le due solite donne sedute, una dice all'altra: " Il Presidente del Consiglio ha risolto il problema dei rifiuti" e l'altra: "Gli ha trovato un posto da sottosegretario" 

martedì 3 maggio 2011

Vivere fra i beati



Ieri l’altro Papa Giovanni Paolo II, da soli sei anni defunto, è stato alacremente nominato “beato” dal suo successore Benedetto XVI.

“Finalmente beato!” strillava da un’edicola un giornale; forse si poteva renderlo beato ancora da vivo?

“Il Papa Santo! Il Papa Buono!”

In questo Paese, che quasi mai ha il senso della misura, del ritegno, del basso profilo, forse semplicemente della realtà, (per non ricordare il ridicolo), osserviamo una ricomparsa (forse“riapparizione”?) di riti pagani, forti anche in una religione come quella cattolica.

Dopo aver assistito alla santificazione di Padre Pio, secondo me il più rapido ritorno alla religiosità medievale degli ultimi tempi, credevo che l’attuale Papa, studioso, riservato, contenuto, proseguisse su un altro percorso, ma evidentemente è davvero difficile capire, per chi cattolico non è.

Certo, sono lontani i tempi in cui un Papa, Paolo VI, si interrogava, senza maiuscole né tournée in tutto il mondo, sul rapporto “… che vogliamo e dobbiamo avere con gli atei, persone che, nobilmente pensose, si interrogano sull’esistenza e sulla spiritualità, e con cui dobbiamo dialogare …”

Il dialogo con gli atei è pallidamente proseguito per altre vie, non certo papali né curiali; in compenso abbiamo assistito, in questi anni del pontificato polacco, ad esibizioni di una “religiosità muscolare”; al silenzio sulle reali sofferenze degli ultimi;  alla negazione della cura e della prevenzione di malattie come l’Aids in Paesi in cui è la prima causa di morte, mentre il primo messaggio papale – appena giunto nelle terre più miserabili, forte e chiaro - è stato sempre l’assoluto, perenne divieto di contraccezione, senza esclusioni, nemmeno per salvare la vita alle donne ….

Quante saranno le africane, convinte anche da questo messaggio, ora sottoterra?

Per carità, teniamoci sul leggero, anzi per pensare ad altro guardiamo i manifesti, che sembrano stendardi imperiali, col porpora e oro cesareo, lungo il percorso dei Fori appunto, il Colosseo, la Via sacra.
C’è scritto “Damose da fa’, semo romani !” e mi pare perfetta, un’icona doppia.

Icona del populismo del pontificato di Wojtyla , dell suo ammiccamento da poco prezzo.
Ricorda le lepidezze del prete che riunisce in canonica la domenica bambini e genitori : qualche calcio al pallone nel campo spelacchiato, qualche pacchetto di biscotti scaduti avanzati dalle calze che i bravi parrocchiani portano alla Befana.

Icona dell’idea di cultura della destra al potere, la destra de’ noantri, porchetta e becerume: la rappresentatività di un papato lungo un trentennio, condensata in una frase dal senso incerto, in compenso di sicuro la meno comprensibile da parte di uno straniero.
Però era quella in cui si faceva riferimento, anzi si ammiccava, a Roma .


Mi torna alla mente, come sempre e sempre più spesso, Flaiano: il più sulfureo e perfido cantore della volgarità della capitale, lui che fu sceneggiatore di Fellini, lui che abitò fra Montesacro e Ludovisi, lui che a trenta anni dalla morte rimane il più ironico, amaro, attuale.

Tornasse ad atterrare il suo "marziano a Roma"  … passerebbe anche stavolta dall’atterraggio al Pincio alla partecipazione a una giuria di artisti, a chiacchierare con Carlo Levi e Alberto Moravia, a essere ricevuto dal Papa, fra gli ultimi, il “signor Kunt, di Marte?"
Mino Maccari disegnerebbe e scriverebbe di lui : “O Roma o Marte!” ?

Certamente no, non esistendo più simili persone; forse andrebbe a “Porta a Porta” a dire la sua su Bin Laden e gli USA;  forse ammirerebbe il plastico della sua astronave.

Forse anche stavolta sarebbe “inchiodato sull’asfalto dal concerto di diavoli” che lo assalirebbe col suono fragoroso delle pernacchie, dopo aver gridato forte: “A marziano!...” ; forse, anche stavolta i fotografi a Ciampino gli direbbero; A marzià, te scansi…?

Certamente, anche stavolta, sarebbe ricevuto dal Sindaco in Campidoglio, che “…. si coprirebbe di ridicolo, parlando di Roma maestra di civiltà. Ci sono stati dei colpi di tosse, ma la gaffe era irreparabile.
Quando gli hanno offerto il diploma di cittadinanza onoraria, il marziano ha detto poche parole; ci aspettavamo maggior impegno da parte sua…..”

lunedì 2 maggio 2011

Matrimonio a Corte


In compagnia, pare, di 1 miliardo e 999.999.999 persone – come avranno fatto a contarle? – ho veduto il matrimonio del futuro re d’Inghilterra ieri l’altro, su quotidiani on line e tv, quasi tutto in differita, avendo impegni all’ora giusta, con mio grande rammarico.

E non è solo la considerevole compagnia avuta che me lo fa dichiarare.
E' l’incanto di una cerimonia perfetta e gentile, rassicurante pur nella massima pompa;  in quanto a questo non credo esista possibilità alcuna di inscenare spettacoli più scenografici di quelli che gli inglesi sanno rappresentare da secoli:  matrimoni, funerali, parate, col loro essere visionari e disciplinati, stravaganti e organizzati, perfetti nei modi e nei tempi.

Io sono anche fra quelli che, grati, ritengono che la Gran Bretagna ci abbia salvati dall'aggressione  dall' "Orco corso”, e anche in questo sono in buona compagnia: la sala da pranzo della "Apsley House", a Londra, che affaccia direttamente su Green Park, splendida residenza donata al Duca di Wellington dopo la vittoria a Waterloo, è colma di doni meravigliosi e preziosi offerti dai  numerosi e riconoscenti governanti europei, che avevano la mia stessa opinione.

Ritengo anche che - certo con buone alleanze - la Gran Bretagna ci abbia salvati pure dal nazismo e dal fascismo. A leggere ora i dispacci conservati, sempre a Londra, nell’ex gabinetto di guerra di Churchill di fronte il Parlamento, si  prova imbarazzo, dato che si parla di popolazioni liberate dall'oppressione fascista, non certo di popolazioni fasciste per un ventennio....ma questo, come la riflessione sull'attuale stato della nostra democrazia, porterebbe lontano.

Il matrimonio, dunque, perfetto e splendido spettacolo coloratissimo, con i rossi prevalenti, fra giacche da alta uniforme, palloncini di bambini, trombe e cavalieri.
Le folle erano enormi, strabocchevoli e ridenti, cosa c’è di meglio ?

Di meglio può esserci lo “street party” e infatti c'erano, in tutta la capitale, da Brick Lane, ex malfamatissimo quartiere multietnico, a Downing Street: tutti hanno mangiato in tavole apparecchiate, stavolta con colori patriottici, quello che tutti avevano  preparato e portato; e poi giochi per bambini, bevande alcooliche e non, bandierine, couscous e muffins assieme, sfidando, come persino il "Sole 24"ore ha ricordato, "il tempo incerto e il cinismo degli indifferenti".

Un modo allegro e civile di mostrare il loro community spirit,  un coinvolgimento generale, fra carrozze e landò, che solo una monarchia millenaria e il suo forte legame con i cittadini può evidentemente realizzare senza sfiorare il ridicolo.

Due cose mi hanno in particolare colpita:
la spontaneità di giovani che pur sotto lo sguardo di miliardi di occhi e il peso della regalità, innata o acquisita, conservavano la semplicità di quelli che potrebbero essere i nostri figli, nipoti, cugini : i due fratelli che chiacchierano scherzosi fra loro andando all’altare; i nubendi che si scambiano sorrisi e parole d’intesa quando qualunque protocollo matrimoniale, anche borghese, non solo quello reale, lo vieta …

E poi la meravigliosa, antica, eterna, innata eleganza che davvero sembra indistruttibile, lontana le mille miglia dallo sbracamento, dalla volgarità, dall’approssimazione, dall’ignoranza che ai nostri giorni, sotto le “nostre” latitudini, troppo bene conosciamo.

E ancora, percorrendo portati dalle telecamere la lunga navata dell’Abbazia di Westminster (su cui tante volte anch’io ho passeggiato, ma in solitudine e silenzio) e vedendo l’Arcivescovo incrociare altri recenti coniugi, Elton John e David Furnish, regolarmente sposati, come non pensare ad altri vescovi, altre situazioni?

Tradizione e modernità; allegria e disciplina; favola ed economia reale; Stato e famiglia...
Davvero, uno spettacolo rasserenante, pieno di fascino, incantevole!

venerdì 29 aprile 2011

Sono i giorni del risveglio, e del ritorno


Sono questi i giorni del risveglio, del grande, eterno ritorno: alla casa e alla vita.

Il ritorno della resurrezione di chi non muore, di chi si era addormentato, di chi era partito.

E ancora, è il risveglio di Gea la Terra, e dei germogli, del verde e del lilla, del viola, blu, giallo dei fiori, dei cespugli, dei rami.

E’ il risveglio del grano, morto nel gelo ruvido e nudo, e risorto, in acqua profumata di fiori d’arancio.

Sono le sensazioni, i profumi , gli odori e i ricordi onnipresenti in questi giorni, in cui il sole va e torna, e che l’Equinozio di Primavera e la Pasqua assieme, come e più di altri anni imperiosamente riportano, con la loro forza, attiva e tangibile quest’anno che sono accoppiati, più che altre volte.

Sempre la Pasqua mi ha evocato sensazioni pagane, primitive perché terrene, nel senso di legate alla terra quant’altre mai.

I profumi anzitutto, dell’erba appena tagliata, che solo un mese fa non c’era; delle prime ginestre, dei primi ciliegi e mandorli fioriti.
I rumori: dell’acqua dei ruscelli che precipitavano a valle nelle gole pietrose, delle grida degli uccelli tornati, delle rotaie che stridevano quando il piccolo treno trapassava il ponte fra le nuvole, sospeso sui canyons della Lucania.

A casa si tornava, a casa!
Era solo l’ultimo di tanti ritorni, eppure è,  per sempre, quello che dentro li ha tutti; che si specchiava nel ritorno delle colline ora verdi e dei cespugli solo adesso macchiati di bianco e di giallo; nel tuffo delle acque gelide, tornate a cadere dall’alto.

Stretti con i profumi dei fiori, in un abbraccio che mai si scioglie, sono ancora adesso gli aromi delle uova sode, della toma fresca, del salame, della dolce e materna ricotta che, a sorpresa, diventava licenziosa e piccante, tutta scheggiata di cioccolata amara ("… è amarissima!", ci lamentavamo per finta) nelle forme enormi a rettangolo.

La ricotta si ritrovava, stavolta frizzante perché unita alla menta e al sale, anche nel piccolo, elegante “fazzoletto” di pasta sfoglia ("....eh,questo è proprio solo per te!") che faceva capolino, presenza vezzosa e profumata di bosco, sul lunghissimo ripiano di legno, coperto come un altare da un lino bianco.

Sul ripiano coperto di bianco, in una multiforme compagnia, erano in attesa forme, profumi e sapori infiniti: avevano sembianze di pecorelle col naspro bianco, lucido come avorio;  di salati rettangoli d'oro brunito, grandi come scudi, o rotondi come anelli di giganti, bitorzoluti di uova rassodate e lucenti; di colombine appena atterrate, dal corpo ricoperto di schegge di zucchero multicolore....

Si, eravamo proprio tornati.






 
















giovedì 14 aprile 2011

San Michele aveva un gallo

Nella vita può accadere, per fortuna, che emozioni e bellezze indicibili tornino.
Per Fortuna, appunto; è lei, o il Caso, che permettono a una bottiglia già arrivata in passato dal mare, chissà come, addirittura di tornare!

Mi ritrovo, discutendo di libri e di lettura con amiche, chissà come a parlare in maniera appassionata di "San  Michele aveva un gallo",  vecchissimo film dei fratelli Taviani, che su di me aveva inciso come un punteruolo arrivato fino al midollo nella corteccia d'albero.
Mi lamentavo, come ho fatto molte volte negli anni, di averlo cercato come un tesoro smarrito, e di non averlo rivisto mai, nemmeno nelle personali dei registi, neppure in video, neanche in t.v.

Un'amica pronuncia per fortuna, la tipica, molesta frase: "...e che ci vuole?" aggiungendo:   "Hai rovistato  in internet? "  e si offre di farlo lei.
Dopo due giorni ricompare, sempre grazie al web con  un' email, in cui mi comunica che lo ha trovato, copiato e che se al nostro prossimo incontro porterò una "pennetta", potrò portarlo via con me.
L'ho rivisto ieri.

Proverò adesso a dire proprio quello "che non può dirsi".

Non certo la storia, forse conosciuta: un giovane rivoluzionario, figlio di agiati e noti possidenti, è a capo di un piccolo gruppo di ribelli, in in'Italia centrale non identificata, forse la Toscana, in un periodo non definito, certo prima dell'Unità. In una delle prime azioni il gruppo  viene con facilità estrema sconfitto dai gendarmi del Re, il rivoluzionario è condannato alla fucilazione, che verrà trasformata in carcere a vita.

Il film, dopo i primi trenta minuti, è già così concluso.

Il resto del racconto è tutto dentro la cella in cui il prigioniero sarà rinchiuso e dentro la sua testa, la sua inesausta fantasia, la sua incrollabile voglia di non lasciarsi andare e di rimanere, per sempre, quello che è : un capo rivoluzionario, amato, e anche contestato, dal suo gruppo, sempre presente.

Il prigioniero perciò si impone una ferrea disciplina: deve nutrirsi bene, non ammalarsi, deve convocare riunioni e decidere strategie, anche giustificarsi per la vendita di altrui proprietà, per "la causa" .
La cella deserta è così sempre affollata: di dialoghi, di scontri, di incontri con fantasmi.

Si intuisce il  passare delle stagioni dalla palandrana che il prigioniero indossa: sempre identica, ma calata sui fianchi d'estate, stretta attorno al corpo d'inverno.

Anche la minestra opaca che gli viene data ogni giorno è identica, come i  movimenti che gliela porgono : nella porta sempre sprangata si apre un piccolo sportello in basso,  facendo passare una mano, di cui mai si vede il corpo, che poggia sulla sabbia del terreno una ciotola, e un boccale d'acqua, sempre identici.

Il prigioniero però ogni giorno, e per dieci lunghi anni, berrà vini ricercati (del Reno, d'oltremare) e mangerà  cibi sempre diversi , leccornie da famiglia ricca,  raffinati,  di cui recita con cura ad alta voce le ricette.

Trascorso un decennio, dovrà essere trasferito in un altro carcere; per raggiungerlo dovrà traversare la laguna veneta.

Incontra così, su un'altra tartana dalla rossa vela latina, altri prigionieri politici; cerca di farsi riconoscere, di parlargli; discute con loro a distanza, sulla laguna deserta, di  azioni rivoluzionarie, di contadini, di terre...

I giovani prigionieri, c'è anche una donna fra loro che più degli altri lo detesta, gli dicono che in dieci anni tutto è mutato, che la sua è stata un'azione inutile, anzi dannosa, che ha solo ritardato la presa di coscienza degli operai: il vero motore, ora, della rivolta.

Il prigioniero ammutolisce, tenta di recuperare i fantasmi che hanno vissuto con lui, ignora i giovani, non li cercherà più, si stende per riposare.
Dopo qualche secondo, con uno scatto improvviso, si annega.

Qual é la fascinazione di questo racconto? Che contenga la vita, e naturalmente il suo contrario, la morte.

Che in un luogo vuoto di tutto, come la cella, ci siano ribellione, libertà e sperdimento, coraggio, miseria e  ingenuità, generosità, paura e  ricchezza,  scaltrezza, fiducia e passione, dolore e speranza, conflitto e pace, animalità e spiritualità.

Il prodigio che si realizza ogni volta, nel rievocare cibi meravigliosi, conosciuti e perduti, è struggente nella sua realistica illusione; i sapori e i profumi invadono l'ambiente con la loro assenza.

La ripetitività ossessiva, eterna, dei giorni e dei gesti, è ricca  di emozioni, conflitti, tensioni.
La vita non è quella visibile; le strade sono infinite, i percorsi pieni di fantasia,

E poi, naturalmente, c'é la sconfitta, la morte.

Il rivoluzionario, bimbo dai riccioli biondi , cantava piano la filastrocca "San Michele aveva un gallo", quando veniva per punizione rinchiuso in uno sgabuzzino della sua splendida villa padronale;  "San Michele aveva un gallo" sarà il potente coro  che si ascolta dopo la sua morte, lamento funebre sulle acque della laguna, lei si, grigia e immobile.

lunedì 28 febbraio 2011

Il cerchio del Tempo

Se il il dolore fisico più grande è quello di generare,  il dolore mentale più grande è certamente quello di sopravvivere a chi si è generato.

Pensavo in questi giorni che -  se esiste una graduatoria del dolore - c'è un più alto gradino della sofferenza che si può raggiungere: vedere il proprio figlio ammazzato davanti agli occhi, ma non in guerra o per strada, nel proprio tranquillo appartamento di una capitale europea in tempo di pace.

E, ancora più su nella sofferenza, è aspettare in compagnia degli assassini che il  figlio torni in quel tranquillo appartamento,  sapendo che l'attesa finirà con la sua morte.

Carla Zappelli, è accaduto a lei  trentuno anni fa.

Lo strazio e la barbarie di questo comportamento mi hanno stampato nella memoria il suo nome;  il figlio era Valerio Verbano, e quando fu ammazzato era il 1980 e avevamo entrambi una ventina di anni.

Nel corso del tempo e della mia vita successiva altri fatti mi sono sembrati il "punto di non ritorno" della umana barbarie: la strage di Srebenica del 1995 - ottomila morti,  un genocidio.

E,  dopo ancora,  la strage nella scuola di Beslan del 2004,  in cui grazie all'azione degli insorti ceceni e alla reazione russa centinaia di bambini morirono, dopo un assedio durato giorni.

Che esseri umani (umani?) possano concepire e realizzare azioni simili mi ha sempre fatto pensare che  non solo l'orrore non ha fine, ma pure che noialtri umani, che barbari non siamo e non saremo mai, mai più potremo essere come prima.

In questi giorni però è la barbarie "domestica" e tutta italiana che mi è tornata alla mente, e davvero il tempo sembra essere circolare, cristallizzato su quel divano in cui un ventenne come te chiedeva aiuto alla madre, che era lì con lui e non poteva darglielo.

Hanno trovato -  dopo trentuno anni  secondo i misteriosi percorsi dei tribunali - tracce inesplorate, che con metodi nuovi potranno portare a colpevoli, pare certi ....nuove certezze di cui non si capisce bene se basate anche su nuove delazioni  o nuovi magistrati  o nuove curiosità di magistrati vecchi.

Di eterno, uguale a se stessa, è questa madre, invecchiata ma uguale,e stupisce che possa essere viva, non annichilita, annullata, morta anche lei.

Carla Zappelli ha una voce sicura, un atteggiamento fermo e pacato.
Ripete il suo terribile racconto: dell'attesa di quelle ore di trentuno anni fa, di quando aspettava che il figlio tornasse a casa per morire, e di questi trentuno lunghissimi anni, dell'attesa incrollabile che qualcosa sarebbe accaduto, che nessuno di noi avrebbe dimenticato.

Intanto, dialoga con tutti quelli che vogliono rivolgerle un pensiero, un saluto, attraverso facebook, attraverso il suo blog (http://www.valerioverbano.it/) ; partecipa a inaugurazioni di circoli che portano il nome del figlio, a manifestazioni, a presentazioni di libri che ne parlano, ancora e ancora, e lei pure ha un pensiero, un saluto, un'attenzione precisa per tutti .

Sembra davvero che il tempo per lei non sia trascorso,e non perchè persa nel passato, ma perchè proiettata nel futuro.

E' diventata così  la tenacissima guardiana della memoria, della speranza, e del tempo, che davvero appare adesso come un enorme cerchio.

lunedì 14 febbraio 2011

In margine alla manifestazione di ieri (1, 2 e pure 3)

Prima riga del margine: "Chissà se le tante donne intelligenti  e libere che hanno trovato mille ragioni per disertare una manifestazione che non risultava loro sufficientemente femminile o femminista, si sono alla fine commosse nel vedere tante altre donne, più sbrigative e meno sofisticate, gridare insieme, senza divisioni  e distinzioni, il loro bisogno di dignità e cambiamento. Che poi la differenze è anche questa: le donne non berlusconiane sono in grado di scelte differenti, libere di agire secondo i loro principi in contrapposizione con altre anche se le divergenze sono capillari; nessuna delle signore berlusconiane, dai loro scranni di ministre, sottosegretari, rappresentanti di partito, osano esprimere non si dice un dissenso, ma un lievissimo, simpatico dubbio. Loro si,  pare, sono al servizio del maschio padrone"

Riporto parola per parola un pezzo dell'articolo di oggi su "Repubblica" di Natalia Aspesi che riguarda anche me, per rispondere : sì mi sono commossa!
Non ripeterò qui i motivi della mia assenza, che non toccano il "femminile-femminista", perchè ormai mi sono espressa e ogni assenza è "assenza a modo suo ", per parafrasare Madame Bovary. Però sì, almeno io mi sono commossa, eccome!

Seconda riga del margine: è vero, le signore berlusconiane sembrano proprio essere al servizio del maschio padrone. Richiede proprio  un esercizio di pazienza infinita leggere le dichiarazioni della Ministra (absit iniuria verbis!) Gelmini, la spargitrice di sale sulle rovine della Istruzione e dell'Università (la Ricerca la ignora) che ha cianciato di radical - chic spingitrici di manifestanti .....
Il primo istinto sarebbe quello di tirarle due schiaffi (ma come parli?).
Il secondo è quello di sorridere, perché chi spinge le spingitrici....? sembra di stare dentro la parodia di Corrado Guzzanti ( "...cosa spingeva i cavalieri a cercare, etc...? spingitori di cavalieri  e spingitori di spingitori.....").
Solo che Gelmini è vera, non finta come la giornalista Vulvia.

Terza riga del margine: Le donne promettono obiettivi ambiziosi, assicurano che non torneranno indietro, soprattutto che dopo una così straordinaria, spontanea prova di forza, niente, ma proprio niente sarà più come prima.

Ancora Aspesi, la chiusa dell'articolo. E questo pezzo riguarda l'opposizione.
Spero proprio che abbia ragione, ma forse non dovrebbe mancare molto per accorgersene.  

venerdì 11 febbraio 2011

Perché non prima?

Gran fermento sul 13 febbraio, ormai prossimo: fermento in "rete", fra le amiche, le conoscenti e pure le sconosciute: "vai? non vai? domenica, la manifestazione..."
Io covo - mai metafora fu più adatta -  un malumore e un dissenso che provo ad argomentare, anzitutto a me stessa

Hanno recuperato anche il "Se non ora, quando?" di Primo Levi per spingerci a uscire di casa; ci rimproverano, come leggo dalla petizione della manifestazione: " Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale. Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne".

Insomma noi, il non bene identificato noi in cui mi inserisco anch'io, forse anche noi che gridavamo 30 anni fa  per strada "nè puttane nè madonne, solo donne" avendo quindi forse superato da 30 anni almeno l'attuale distinzione: "noi che lavoriamo, studiamo, etc...e loro, le  nipoti di Mubarak"...ebbene noi avremmo questa responsabilità  se non andiamo in piazza?

Noi che abbiamo pagato nella nostra vita - vita di relazione, di lavoro, di coppia  - le nostre scelte di indipendenza, di solidarietà, di fiducia in un futuro in cui tutte avremmo lavorato, avremmo avuto compagni alla pari, avremmo avuto figli, magari maschi da educare al rispetto, colleghe da sostenere e da cui essere sostenute, noi che mai abbiamo pensato che questa faticosissima costruzione fosse sufficiente a farci chiudere nel nostro privato?

E poi dovremmo chiedere "amicizia" agli uomini? e perchè, già che ci siamo, non gli chiediamo anche di ridurre gli omicidi contro le donne, di  darci le loro stesse retribuzioni per gli stessi compiti, e magari anche, scendendo molto nella scala delle pretese femminili, di portare fuori il sacchetto della pattumiera?

Quello che voglio dire è che questa politica delle emozioni è benvenuta se accompagnata da un'analisi corretta della realtà e da qualche ipotesi concreta e realistica, e mi trova entusiasticamente d'accordo, altrimenti non ci sto, non ci sarò domenica 13.

La piazza manda un messaggio, è questo il suo ruolo.
Questo  messaggio qual è? L'Italia non è un bordello, è fra quelli più frequenti .
Cioè non lo è ora ? E prima?  (e dopo, e sempre?)

Prima: perchè dovrei, dovremmo (noi) scendere in piazza adesso per i festini privati divenuti  pubblici del Presidente del Consiglio e siamo rimasti a casa sapendo di donne uscite da calendari e trasmissioni televisive semi-porno diventate nostre Ministre? Io mi sento molto più offesa nel vederle scendere da auto blu e proporre leggi che avranno influenza sulla vita di tutti noi, piuttosto che dalla lettura dei racconti di prostitute più o meno ufficiali.

Il comportamento notturno del Presidente del Consiglio ci colpisce  più di quanto ci abbia colpite, umiliate e offese  la quasi trentennale logica dell'osceno delle trasmissioni delle sue tv private? 
Più adesso di quando questa logica è divenuta, da almeno quindici anni, anche governo e potere su tutti noi?

E' evidente che è diventato un gioco di specchi: la sua visione del femminile si proietta nelle sue trasmissioni e le sue trasmissioni si proiettano nei suoi festini; purtroppo se questi ultimi erano privati, le sue tv le guardiamo da anni e ci hanno deformato, stravolto, offeso oltre ogni limite: è per questo che abbiamo taciuto?

Scendiamo in piazza perchè ci rappresenta?
Ma chi rappresenta le donne italiane è Clio Napolitano, una vecchia signora che ha lavorato, ha fatto personalmente politica, ha cresciuto figli, elegante e colta, discreta  e rugosa al naturale.

Per la  dignità del Paese?
E fare le corna, chiamare "kapò'" un deputato straniero, dire che le italiane sono  le più belle segretarie del mondo, fingere di sparare a una giornalista russa (!)  e si potrebbe continuare per pagine intere, sempre in consessi internazionali, esaltavano la dignità italica? Perchè ci siamo ammutoliti in tutti questi lunghi anni?

Adesso e sempre : è il sesso che colpisce? allora ha ragione Albanese con il  suo "pilu"?
....e l'aumento dell'età  pensionabile per le donne? e le dimissioni in bianco firmate dalle donne all'assunzione? e il boicottaggio alla diffusione della pillola RU486?

Volendo poi allargare proprio la visuale e ricordando alla rinfusa: ...: e la barbarie dei bimbi stranieri a cui è negata la mensa? e la "procedura penale ad uso e consumo" del Presidente del Consiglio? e le martellate al sistema di garanzia istituzionale del nostro Paese (Corte Costituzionale, magistratura...)?

Michela Murgia, la brava scrittrice di "Accabadora"  ha, secondo me, dettato l'epigrafe giusta : questo uomo non ci riguarda, non può condizionare le donne che siamo e anche quelle che vorremmo essere...

Ci ha condizionato invece - e molto -  in questi lunghi anni,  non però con le sue squallide fantasie sessuali realizzate nella sua triste corte notturna, ma con le sue terribili fantasie della vita -  economica, sociale, politica - realizzate dalla sua malefica, smisurata corte diurna, amplificate, reificate dalle sue televisioni, le sue pubblicità, i suoi corifei, ovunque  e sempre.

Per questo la manifestazione per me non ha senso e non ci sarò.

Avrà senso - e molto - il dopo-manifestazione.
Anzitutto per i nostri politici di riferimento, così muti nel contrastare, come sarebbe stato loro dovere, questa presunta modernizzazione, così tardivi nel ricordare la necessità di un'etica privata accanto a quella pubblica che invece hanno sempre sostenuto, così timidi nel dire che la libertà non è libertinaggio, che una casa aperta è diversa da un casino, senza timore di apparire codini, bacchettoni, noiosi, senza timore di perdere voti e consensi.

E naturalmente anche per noi, i noi e le noi di cui sopra:  nel lavoro, nelle case, nel recupero della politica quotidiana, della solidarietà, del rispetto e soprattutto della protesta, civile, ma più presente, lontana dalla rassegnazione, dalla  superficialità, dalla ondivaga emotività.

martedì 8 febbraio 2011

La vignetta che avrei voluto scrivere io (5)

Un maiale adulto, abbigliato con un completo maschile classico, incravattato, accarezza la testa del figlioletto maiale, anche lui elegantemente vestito e dice: "Abbiamo ritrovato il coraggio di dirlo forte: porco è bello!"

Questa è di Altan ed è un po' ovunque, essendo la pubblicità di una rivista culturale che giustamente, giustissimamente, l'ha riesumata.
Già, e questo è l'aspetto pù triste: credevate che fosse nata oggi, ieri al massimo? E invece è di un "Linus" del 1981..........l'Italia non era il simpatico "bordello al potere" attuale, mancava un decennio almeno a "ManiPulite", si era in epoca democristian-craxiana, ma i fulgori del craxismo pieno ancora non splendevano .....eppure...il porco di lotta e di governo già c'era.
Evidentemente, c'è sempre; c'è e basta.

La vignetta che avrei voluto scrivere io (4)

Su "Repubblica" di sabato 5 febbraio 2011.
Una proiezione in una sala cinematografica;  si vede il telo e la scritta: "Siamo spiacenti, la proiezione del futuro sarà ripresa il più presto possibile";  firmata Bucchi

giovedì 20 gennaio 2011

Nel Paese di Hellzapoppin


Vivo in un Paese assolato e infelice, un hellzapoppin permanente, solo più triste, più infelice, appunto.
Assolato, è oggettivo.
Che sia un hellzapoppin infelice pure, io credo.

Hellzapoppin è quel film  in cui si vede un musical ambientato all'inferno, in cui irrompono due attori che girano nel caos un film intitolato Hellzapoppin, e che lo abbandonano perchè caotico; da alcuni fotogrammi fissi del film , che si mettono in moto, si vede che gli attori stanno arrivando in una villa di campagna dove si sta provando uno spettacolo teatrale che deve andare in scena col titolo di Hellzapoppin...


Insomma, un film nel film, nel film, nel film: uno dei film della vita, e un gran caos, però allegro e divertente.
Quello del nostro Paese è invece triste e infelice.

Non può non esserlo un Paese in cui  un'intera classe politica è stata esautorata (non per sempre! niente è per sempre!) dalla magistratura per reati connessi a corruzione e concussione, in un passato ancora recente.

Non può non esserlo un Paese in cui  l'attuale Presidente del Consiglio (forse, molto forse) potrebbe oggi essere esautorato dalla magistratura, per reati connessi all'induzione della prostituzione di minori.

In questo Paese hellzapoppin infelice capitava anni fa, nella campagna antidivorzista, di essere informati che esisteva l'eventualità che la propria legittima moglie, ormai libera da qualunque inibizione, potesse fuggire con la colf .

Ed era necessario fermarsi a riflettere sul perchè moglie e colf dovessero fuggire insieme, non essendo tutti cattolici osservanti come il pio politico che metteva in guardia, nonché segretario del partito cattolico al potere: dunque non avendo sempre in mente, oltre al martirologio, anche il catalogo delle perversioni sessuali possibili.
E capitava di chiedersi se l'offesa era più pesante per le donne in genere, per le donne pure colf in particolare, per le lesbiche, forse per tutti i cittadini anche non donne, non colf, non lesbiche....

Capita oggi di leggere di fretta, sul web, che : "Ruby afferma: violata la Costituzione!" e di non stupirsi, se nella stessa riga è scritto che l'imputato si diverte e non andrà MAI  dai giudici  e che in casa propria è davvero scorretto essere indagati, reato o non reato!

Poi, leggendo con più attenzione, emergono due parole saltate: "Caso Ruby: Bersani afferma: violata la Costituzione!" Ma non c'era stupore, sarebbe stato possibile avere lezioni di etica  istituzionale  da una giovane prostituta straniera, se giovani prostitute italiane siedono in parlamento, in consigli regionali, su poltrone ministeriali e ci insegnano  e ci indicano cosa fare e non fare.

In questo Paese hellzapoppin infelice capita che un bel film, triste e grottesco, in cui si parla di un politico italiano rozzo, ignorante, amorale e perciò moderno, sia oltrepassato dalla realtà attuale, dalla quotidianità in cui tutti noi siamo immersi e dunque sembri già datato, di un tempo vicino, ma superato da rozzezza e immoralità ulteriori, maggiori, già viste, già conosciute.

Un Paese hellzapoppin grazie al quale alcuni giovani muoiono tra monti sperduti in missioni "di pace", mentre il "gabinetto di guerra" è convocato a Palazzo Chigi, ma è per la strategia da opporre alla magistratura persecutoria.

Un Paese hellzapoppin in cui un giovane su cinque non lavora e non studia; in cui una donna su due (una donna su due!) non cerca nemmeno un lavoro che non troverebbe, nonostante i salari di ingresso siano fra i più bassi in Europa e la flessibilità sia pagata solo da chi cerca un lavoro che non c'è.

Un Paese hellzapoppin in cui i governanti vedono come un'autentica fortuna, da sostenere e  minimizzare, quella di una bassa partecipazione al mercato del lavoro di donne e giovani:  non sia mai si presentassero tutti sul mercato, salirebbe subito il tasso di disoccupazione, che già così è  insopportabile, ma altrimenti apparirebbe del tutto fuori controllo...controllo di chi, in questo caos infelice, in cui il film da cui si vede la commedia da cui si vede il film è inverosimile e vero?